Riders: una discriminazione operata per legge?

23 Maggio 2022

I recenti sviluppi, legati alle norme sui riders, inducono alcune riflessioni.

Molti ricorderanno che la normativa traeva origine dal d. lgs 81/2015, modificato dal d.l. 101/2019, convertito nella legge 128/2019.

La questione aveva destato non poche perplessità, perché si era creata una notevole confusione, in relazione alla natura del rapporto: se autonomo o subordinato.

Il dibattito giurisprudenziale sembrava essersi concluso con una sentenza della Corte Suprema (Cass. 24 gennaio 2020, n. 1663), che ritiene che la norma non abbia creato un tertium genus, intermedio fra subordinazione ed autonomia: il rider ha diritto a vedersi corrispondere tutto quanto prevede la contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati, pur dovendosi considerare, quello di specie, un rapporto di natura autonoma.

Con una recentissima sentenza di merito (Trib. Milano, 20 aprile 2022, n. 1018), è stato detto che questo non risponde a verità, atteso che il rapporto di lavoro, che lega un rider alla sua azienda, è di natura subordinata.

Con buona pace della funzione nomofilattica della Corte Suprema.

Questa situazione, tuttavia, involge una ulteriore questione: il nostro rider, altrimenti detto ciclofattorino, ricorda la medesima situazione che si venne a creare qualche decennio fa per i pony express: forse qualcuno ricorda. Allora i ciclofattorini recavano documenti, oggi cibo.

La problematica tuttavia non cambia.

Il vero problema nasce, oggi, da una legge involuta, diacronicamente interpretata: addirittura il giudice di merito scrive una sentenza che è contraria ai principi esplicitati dal Supremo Collegio.

Ecco: credo che sia compito dell’avvocato fare tutto quanto necessario per evitare questi pasticci che ridondano sul contraente debole, che gli procurano stati di disagio e forse anche di diverso trattamento rispetto a chi è, invece, più semplicemente, è lavoratore subordinato.

Anche dal lato aziendale la situazione è totalmente priva di senso: chi davvero ha bisogno di svolgere quel servizio di consegna di cui parliamo, si organizzerà diversamente, probabilmente diminuendo il numero degli addetti, organizzandoli al meglio ed assumendoli. Pensare ad un lavoratore autonomo che abbia le guarentigie di quello subordinato, ovvero che sia autonomo ma anche un po’ subordinato è davvero complesso da capire.

Il compito degli avvocati, è proprio quello di contribuire ad evitare le discriminazioni, operando per una semplificazione normativa che ridia chiarezza alle parti e che restituisca un minimo di serenità nelle scelte degli obiettivi del lavoro.

 

Giorgio Treglia

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