Non penso mai al futuro

16 Gennaio 2019

AndreaDelCornoA cura dell’avvocato Andrea Del Corno

“Non penso mai al futuro, arriva così presto”, Albert Einstein.

Governare un processo di trasformazione è l’impresa più complessa da affrontare; le incognite sono molte, vengono meno le vecchie abitudini, si creano nuove opportunità che spesso però sono un punto di domanda ed è quindi difficile capirne la reale importanza.
Questo è accaduto e accade con la rivoluzione informatica che ha riguardato la nostra professione.

Il cambiamento ha principalmente riguardato per ora due aspetti, vale a dire il processo civile e la comunicazione professionale; molto poco è invece accaduto con riferimento al processo penale, anche se si sta attivando una piattaforma informatica che non avrà tuttavia le stesse caratteristiche del processo civile telematico in termini di fruibilità e utilizzo da parte degli avvocati, dal momento che riguarderà solo la digitalizzazione del fascicolo alla quale potranno accedere gli avvocati per la visione o l’estrazione di copia degli atti.

Il processo civile telematico è invece un dato acquisito, presenta indubbi elementi di utilità per gli avvocati, certamente ha ridotto in misura consistente l’accesso alle cancellerie del Tribunale e quindi malgrado qualche resistenza all’innovazione, si pensi ad esempio alla copia di cortesia, la via virtuosa pare in buona sostanza tracciata.

Sul piano della comunicazione professionale con l’avvento della rivoluzione digitale si è invece aperto letteralmente un universo, ancora in espansione. È indubbio che la pubblicità rappresenta una concreta possibilità di ampliare l’orizzonte lavorativo e quello della conoscenza professionale, sebbene questo nuovo mondo non sia estraneo a profili di criticità. Spesso infatti si assiste allo sconfinamento delle comunicazioni dal perimetro deontologico, pur tenendo conto delle liberalizzazioni che hanno riguardato questo ambito.
E così possiamo trovare, ad esempio, offerte di consulenza gratuita su piattaforme di difficile identificazione o promesse di risultato che configurano delle fughe in avanti.
È infatti consentita la pubblicità purché questa sia espressione delle proprie competenze professionali e non tenda invece a suscitare l’emozione nell’utente, che è invece il tipico strumento dell’advertising tradizionale.
Non è un caso che proprio linkedin, la più sobria tra le reti web, appaia essere il più cliccato strumento per la conoscenza del professionista da parte del mondo esterno, anche in presenza di un sito web dello studio; questo dimostra anche che la possibilità di accedere ad un informazione legata alla competenza professionale è la vera richiesta, virtuosa, che viene rivolta.

Nell’ultimo decennio l’avvocato è stato collocato sul mercato da provvedimenti che hanno lasciato da parte la dovuta considerazione per il ruolo che svolge, con la conseguenza di un inevitabile impoverimento proprio perché la difesa di un diritto è spesso equiparata ad un’offerta di un qualunque prodotto. Partendo da questo presupposto l’avvocato 2.0 dovrà trovare un baluardo proprio nel lato virtuoso della rivoluzione informatica – anche sul piano della comunicazione – ben sapendo comunque che esso offre un servizio di qualità rispetto al quale non deve mai abdicare.

Avvocato 2.0 perché all’orizzonte si profilano infatti anche altre frontiere che la rivoluzione digitale sta aprendo e con le quali ci si dovrà confrontare.
Arriveremo ad esempio a fare i conti con l’intelligenza artificiale che confeziona atti giudiziari, pareri o dati statistici sulle probabilità di successo, come accade in America del nord?
La Blockchain sarà il prossimo step dei registri digitali – certificazioni ad esempio – o del processo di elaborazione dati? Sono temi aperti sui quali ci dobbiamo confrontare, sono realtà che si sviluppano con una velocità strabiliante e sono destinate a chiudere realtà lavorative e ad aprirne altre. Nessuno potrà permettersi di rimanere alla finestra.

Possiamo dire “ai posteri l’ardua sentenza”, sapendo però che i posteri siamo già noi.

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