Giurare per essere avvocato
25 Febbraio 2019
A cura di Antonio Papi Rossi
La professione di avvocato si può esercitare dopo aver superato l’esame di abilitazione: ma questo non è sufficiente. Occorre il formale giuramento di rispettare la Costituzione della Repubblica: giuramento che ciascun neo-avvocato deve rendere quale condizione per iscriversi all’Albo ed esercitare la professione.
Perchè il giuramento? Non siamo giudici, dipendenti dello stato, delle forze dell’ordine. Per esercitare altre professioni vicine alla nostra (i commercialisti, i consulenti del lavoro) e, in generale, le libere professioni (architetti, giornalisti) non è richiesto il giuramento.
Tuttavia è richiesto un giuramento: perché la materia viva di cui si occupa l’avvocato è il diritto, vale a dire un modo di regolare la vita sociale in modo pacifico e, in caso di conflitti, un modo per risolverli senza l’utilizzo della forza. Ogni persona umana ha diritti fondamentali che l’avvocato deve tutelare, presidiare, difendere. L’avvocato ogni giorno deve ricordarsi questo giuramento, che gli impone di seguire i principi fondamentali indicati nella Costituzione, per svolgere con pienezza il suo ruolo, che la Legge professionale (art. 2) identifica così: l?avvocato ha la funzione di garantire l’effettività della tutela dei diritti.
Guardiamo un po’ da vicino la nostra Costituzione.
Nata in un momento di particolare coesione del Paese, dopo la seconda guerra mondiale, è il frutto illuminato e lungimirante dell’Assemblea costituente, composta da eccellenti rappresentanti del mondo giuridico, storico e politico. La Costituzione riconosce (non attribuisce) i diritti inviolabili della persona, i quali sono riconosciuti a tutti (non soltanto ai cittadini italiani). Stabilisce l’uguaglianza di tutti davanti alla legge e pone le basi della nostra civiltà giuridica, attraverso norme di larghissimo respiro, la cui straordinaria saggezza le rende elastiche interpreti del nostro paese, moderne e attuali. Così oggi, a distanza di settant’anni, la Costituzione continua ad essere norma viva e vivente, capace di guidare verso il futuro le istituzioni e le persone.
La terribile esperienza delle due guerre mondiali – che, in verità erano almeno in larga parte guerre tra Stati europei – indusse i Padri costituenti a prevedere, tra i principi generali, quello secondo cui l’ordinamento giuridico si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute (art. 10) e che la Repubblica, in condizioni di parità con gli altri Stati, consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuovendo e favorendo le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Questi articoli sono alla base dell’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e alle principali convenzioni internazionali, tra cui la C.E.D.U.
Su tali basi nel nostro sistema costituzionale ha avuto ingresso il visionario progetto europeo: basta leggere le prime norme del Trattato per comprendere la forza, la bellezza e la grandiosità giuridica dell’Unione: così l’art. 2:
“L’unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
Ai diritti si accompagna una visione di pace, giustizia e benessere: l’art. 3 incomincia con l’impegnativo obiettivo secondo cui “L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne [..]”.
Senza contare che il progetto europeo ha garantito all’Italia il periodo di pace più lungo (70 anni) della propria storia. La Costituzione si è ulteriormente arricchita della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, direttamente applicabile come norma super primaria nel nostro sistema giuridico, come ha chiarito alcuni anni fa la Corte costituzionale (sentenza 348/2007).
Il giuramento dell’avvocato riguarda perciò la dichiarazione di fedeltà, di amore e di impegno verso un patrimonio giuridico liberale, illuminato, che raccoglie le radici della nostra storia secolare e le proietta in un presente e in un futuro di pace, giustizia e solidarietà. Sì: perchè anche la solidarietà è un dovere costituzionale (art. 2 della Costituzione e art. 2 del Trattato dell’Unione).
Per l’avvocato, la difesa dei non abbienti è un dovere, non è una buona azione.
Buona azione è dare da mangiare agli affamati. Praticare la solidarietà, invece, è praticare la legalità. Difendere un diritto, anche per chi non può pagare la parcella, è un dovere costituzionale, non è una buona azione. Fa perno sulla dignità della persona – parte assistita, che la costituzione vuole uguale davanti alla legge: così l?art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Nel lavoro quotidiano, in ogni riunione, in ogni discussione in tribunale e in ogni caso che la vita professionale ci chiama a seguire, il giuramento deve guidarci, sostenerci e guidare le nostre scelte. Con il gusto, il coraggio e la responsabilità di farlo “in libertà, autonomia e indipendenza”, come indica la legge professionale (art. 2, comma 1). In questi termini e su tali basi, il nostro è un lavoro meraviglioso, straordinariamente emozionante, irripetibile.