Difesa d’ufficio e patrocinio a spese dello Stato
24 Marzo 2019
A cura dell’avv. Ernesto Sarno
“La legge è uguale per tutti” è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria.
La citazione appartiene a Piero Calamandrei e risale al 1954 ma oggi nonostante sia passata molta acqua sotto i ponti è sempre attuale.
L’articolo 24 Cost. si può definire come una delle norme più notevoli della nostra Costituzione, che rappresenta la chiave di volta del sistema di tutela giurisdizionale, garantendo senza alcuna distinzione ad ogni cittadino, la possibilità di accedere alla giustizia, e questo è il suo tenore letterale: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”. È chiaro inoltre, che questo principio è la trasposizione esplicitata nel campo processuale di un altro principio basilare, cioè quello dell’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, contenuto nell’art. 3 della Carta Costituzionale.
Ma è necessario chiedersi se all’interno del nostro ordinamento la libertà di accedere alla giustizia sia effettiva o se esistono invece limiti oggettivi pratici per alcune categorie di soggetti più deboli sul piano economico. Eppure, la proclamazione dell’uguaglianza dovrebbe riguardare una uguaglianza sostanziale, e non puramente formale.
In poche parole, c’è da interrogarsi sul fatto se il povero, il soggetto non abbiente o meno abbiente, di fronte all’amministrazione della giustizia si trovi in condizioni di parità con la parte abbiente o la sua situazione economica lo ponga in partenza in una condizione di svantaggio.
C’È MOLTO DA FARE PER RENDERE LA DIFESA D’UFFICIO ED IL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO STRUMENTI IDONEI A GARANTIRE L’UGUAGLIANZA DEI CITTADINI DINANZI ALLA LEGGE.
La difesa d’ufficio ed il Patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato sono istituti a tutela del principio costituzionale in base al quale il diritto di difesa e la possibilità di far valere in giudizio i propri diritti e interessi legittimi, devono essere riconosciuti a tutti, indipendentemente dalle condizioni personali. Assicurare pieno riconoscimento a tale principio è una priorità di cui l’Ordine degli Avvocati deve farsi carico, rendendo il pagamento delle parcelle dei difensori economicamente dignitoso, semplice e celere, affinché gli Avvocati non si sentano considerati una categoria di serie B quando assolvono al proprio compito in questo ambito.
Abbiamo pertanto stilato tre proposte di modifica del Protocollo per la liquidazione dei compensi professionali che io e tutti i colleghi di #NoiAvvocatici impegniamo a realizzare:
AUMENTO DEI COMPENSI PROFESSIONALI PREVISTI NEL PROTOCOLLO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO
Il D.M. 55/2014 indica un importo per ciascuna attività processuale, prevedendo la possibilità per il magistrato di ridurre tale importo del 50% o di aumentarlo dell?80% a seconda della complessità dell’attività svolta.
In realtà, comparando i numeri del D.M. 55/2014 con quelli del Protocollo attualmente in essere, ci si accorge che le cifre ivi indicate sono quasi sempre coincidenti con il 50% in meno di quelle contenute nella legge per ciascuna attività, cioè il limite minimo inderogabile per la liquidazione da parte della magistratura. Il problema è quindi costituito dal fatto che, per qualsiasi attività processuale, l’avvocato d’ufficio si veda riconosciuto l’onorario minimo previsto dalla legge in virtù di un atto negoziale assunto dai propri vertici, realizzando l’uniformità dei criteri di liquidazione verso il basso, a scapito degli avvocati.
Si rende necessaria pertanto una profonda revisione del Protocollo per la liquidazione dei compensi professionali, aumentando gli importi di ciascuna attività professionale, al fine di ridare dignità al ruolo del difensore d’ufficio.
RIDUZIONE DEI TEMPI DI LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI PROFESSIONALI
A compromettere la dignità del difensore d’ufficio (e non solo) che richiede la liquidazione dei propri compensi contribuisce in maniera rilevante la questione dei tempi di emissione del decreto di liquidazione dei compensi professionali, a cui i magistrati provvedono anche con mesi di ritardo, e dopo molti solleciti. Questo perché la legge non prevede un termine per la liquidazione dei compensi dei difensori d’ufficio, né, quando questo è previsto, come per il gratuito patrocinio, spesso non viene rispettato.
Come noto il Protocollo non ha valore vincolante, ma viene utilizzato dalla magistratura ed accettato dall’avvocatura in base al valore negoziale assunto. Sarà quindi possibile procedere ad un’integrazione del protocollo sulla liquidazione negoziale, promuovendo un nuovo accordo che stabilisca tempi certi e ristretti di liquidazione dei compensi professionali, in un’ottica di leale collaborazione tra magistratura e avvocatura.
L’Osservatorio permanente, istituito nel Protocollo e composto da due membri per ciascun firmatario, avrà il compito di ricevere le segnalazioni sulle relative criticità e adottare tutti i correttivi ritenuti utili al fine del rispetto delle indicazioni ivi contenute.
SEMPLIFICAZIONE DELLA PROCEDURA ESECUTIVA PER IL RECUPERO DEI COMPENSI PROFESSIONALI NEL CASO DI IMPUTATO REPERIBILE.
La normativa vigente, in caso di imputati reperibili, subordina il pagamento del difensore di ufficio al previo ed infruttuoso esperimento da parte dell?avvocato di tutte quelle procedure esecutive preposte al recupero del proprio onorario maturato.
La procedura esecutiva si potrà evitare integrando il Protocollo con la possibilità per l’avvocato di comprovare l’incapienza producendo attestazioni da parte del Catasto nazionale, della Motorizzazione civile e dell’Agenzia delle Entrate da cui risulti che l’assistito non possiede beni immobili o mobili aggredibili, né risulti aver presentato dichiarazioni dei redditi negli ultimi due anni.
Tale soluzione non è stata resa possibile in quanto, l’Ordine degli Avvocati in carica non ha concluso l’intesa con l’Agenzia delle Entrate che le permettesse di rilasciare le informazioni richieste dai difensori d’ufficio istanti. Ci impegneremo pertanto a concludere l’intesa con l’Agenzia delle Entrate per risparmiare diverso tempo e diverse incombenze agli avvocati, onerati delle complesse e tortuose procedure di recupero del proprio credito.
Questa procedura di semplificazione contribuirà inoltre a ridurre il carico di lavoro della magistratura civile, oltreché l’erario, esonerando dal pagamento degli onorari dell’avvocato maturati nell’esperimento della procedura di esecuzione forzata.
L’Ordine degli Avvocati oggi può e deve uscire dall’autoreferenzialità in cui è piombato nell’ultimo quadriennio ed aprirsi all’ascolto dei bisogni degli Avvocati. Questa è la via che bisogna perseguire per rendere piena la funzione sociale dell’avvocatura e rendere la Giustizia più giusta.